Seppur in maniera poco riconosciuta dalla società, le donne hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo scientifico e tecnologico fin dall’antichità.

Il loro contributo non è stato però sempre ben visto, tanto che una pratica spesso utilizzata, era quella di firmare le proprie scoperte con pseudonimi maschili, per vederle riconosciute per il loro effettivo valore e non rischiare che venissero ignorate per il solo sesso della scienziata.

Marie Curie

Tra le prime donne ad affermarsi in ambito scientifico troviamo Marie Curie. Nata a Varsavia nel 1867, Marie Sklodowskafu costretta a trasferirsi a Parigi per studiare in quanto in Polonia le donne non erano ammesse agli studi superiori. Qui cambiò il proprio nome in Marie Curie, prendendo il cognome del marito Pierre Curie con cui ha collaborato in diversi studi.

Madame Curie è una leggenda della scienza: fu la prima donna a vincere il premio Nobel e l’unica alla quale fu assegnato in due diverse categorie: per la fisica (nel 1903) e per la chimica (nel 1911), in particolare per i suoi studi sulla radioattività. Scoprendo il radio, questa donna eccezionale ha dato un considerevole contributo alla battaglia dell’umanità contro il cancro. Sono passati più di 150 anni dalla sua nascita ma la sua vicenda è ancora attuale. La Curie vinse i Nobel in un periodo in cui la scienza era ancora territorio tutto maschile, rendendo la sua vittoria ancora più emblematica. Fu inoltre la prima donna ad insegnare all’Università Sorbonne di Parigi, la stessa da lei frequentata.

Marie rappresenta la donna contemporanea, che non si accontenta, che non si lascia intimidire, professionista infaticabile, madre e compagna tenace e resiliente, ma anche e soprattutto donna con le sue fragilità e aspettative. Dovette farsi spazio in un mondo ostile e discriminatorio verso il sesso femminile, ma la sua perseveranza e dedizione alla scienza le hanno permesso di affermarsi abbattendo ogni ostacolo. 

Le scienziate più famose dei giorni nostri

Come lei anche molte altre donne sono riuscite a ritagliarsi uno spazio un un mondo così maschile come quello delle scienze. Esempi prodigiosi se ne trovano anche in Italia, con due delle più importanti scienziate del Novecento: Rita Levi Montalcini e Margherita Hack, due celebri donne che hanno dedicato la loro vita alla scienza, la prima nel campo delle neuroscienze e la seconda in quello dell’astrofisica. Ma ancora, guardando a tempi più recenti ricordiamo Fabiola Gianotti, prima donna direttrice generale del CERN di Ginevra, Samantha Cristoforetti, prima astronauta italiana donna ad andare nello spazio e moltissime altre.

Ancora oggi purtroppo, però, nell’ambiente scientifico le donne sono sotto-rappresentate: globalmente, oggi la percentuale di scienziate donne è del 29%, e scende ulteriormente man mano che si sale ai massimi livelli della ricerca. Tra il 1995 e il 1998, le studentesse italiane hanno ottenuto il 52% delle lauree in discipline scientifiche, superando i ragazzi anche per qualità, grazie ai loro voti migliori. Gli enti statali hanno assunto però il 63% di uomini. Dal 1999 le ricercatrici sono diventate il 60,4%, ma sono rimaste ferme ai gradini più bassi. Quando si sale nella gerarchia, si scopre che le donne vengono falcidiate: ne resta solo un 6,8%. Nei livelli intermedi la situazione non va molto meglio: troviamo il 15% di ricercatrici, rispetto al 34% dei ricercatori. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche sembrerebbe l’istituzione più accogliente: conta infatti il 61,8% di ricercatrici, ma solo al primo gradino: a dirigerne il lavoro e a deciderne le priorità ci sono 226 uomini e 20 donne.

Se ne deduce che lo Stato italiano, nel misurare la bravura femminile e quella maschile, usa ancora due pesi e due misure.

Certo, di strada le donne ne hanno fatta in ambito scientifico, e le scienziate finora descritte ce lo dimostrano. Ma la realtà è che, per quanto le competenze delle donne siano pari a quelle degli uomini, siamo ancora piuttosto lontani dall’aver raggiunto la parità tra i sessi per quanto riguarda la loro carriera.

Vi è la necessità, ora come non mai, di scienziate che rappresentino modelli in grado di motivare molte più giovani donne ad intraprendere la carriera scientifica e ad implementare la propria partecipazione attiva in tutti i campi.

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