Hai mai sentito parlare di Pink Tax?

Abbiamo conquistato il diritto di voto, posti in politica, occupazioni lavorative notevoli, ci siamo scrollate di dosso quella errata convinzione che per essere Donna bastasse un marito, un figlio ed essere una buona casalinga; siamo riuscite ad abbattere quelle restrizioni (sociali soprattutto) che creavano un abisso tra uomo e donna, marito e moglie.

Ma, ancora oggi nel ventunesimo secolo, la Società -nazionale e internazionale- riesce a tracciare quella linea che pone la donna sempre un gradino più basso dell’uomo. Come? Attraverso la “Pink Tax”.

Cos’è la Pink Tax?

Letteralmente “tassa rosa” sta ad indicare quegli articoli indirizzati al genere femminile che, a differenza degli equivalenti maschili, hanno un prezzo maggiore che va dal 10% al 40%.

Che sia un rasoio, una camicia, un profumo o un giocattolo, noi “femminucce” siamo costrette a pagare un surplus.

Probabilmente dietro c’è una scelta di marketing, in quanto mediamente la donna tende a spendere di più e senza un reale motivo. Basta quindi dare il colore rosa ad un prodotto (che non differenzia in nulla da quello maschile), dargli un nome esplicitamente femminile o cambiare il packaging, che magicamente il prezzo aumenta.

Come riconoscerla?

Per non cadere in tranello basterebbe prestare più attenzione a quegli articoli che, pur essendo destinati ad un uomo o ad una donna, effettivamente non differiscono in nulla, fregandocene del colore o se abbia o meno l’applicazione di glitter.

Un sovrappiù che scende in campo in modo così velato da non renderlo visibile a primo impatto a chi sta acquistando, facendo credere che una fragranza renda la pelle più morbida, o che una t-shirt abbia avuto una lavorazione diversa rispetto all’equivalente maschile.

Tampon Tax

Un prodotto indispensabile per la donna, sul quale vi è una vera e propria tassa (Tampon tax) sono gli assorbenti.

In Italia, non essendo questi considerati ancora beni primari, subiscono un’imposta pari a quella di una maglia o un qualsiasi altro articolo inessenziale. Diversamente l’imposta passerebbe dall’avere il 22% di Iva, al 4% di Iva

In un paese in cui, ancora oggi, la donna viene stipendiata di meno, è costretta a pagare un sovraprezzo per mere questioni di strategie di vendita. In una realtà in corsa così veloce in cerca di continuo progresso, vi è sempre quella vocina fuori campo pronta a ricordarci quanto anche nelle piccole cose subiamo differenze, quasi come se nascere donna fosse un peccato tale da saldare una tassa a vita. 

Alcuni paesi stanno adottando le giuste strategie affinché la differenza con il mondo maschile sia minimo, almeno in questo caso, diminuendo la percentuale di tassa, com’è accaduto poco fa a Firenze, in altri paesi addirittura è stata totalmente abolita.

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