La violenza e le molestie nei confronti delle donne spesso sono più diffuse e sedimentate all’interno della società di quanto non si pensi. La parola femminicidio è ormai, purtroppo entrata a far parte del nostro vocabolario, ma le violenze si manifestano anche ad altri livelli: dal catcalling alle occhiate e palpate indesiderate in discoteca, sono tantissime le forme di molestia ancora tollerate o comunque ignorate dalla società, responsabili di gettare le basi per forme di violenza più estreme.

Le mille sfaccettature della violenza

Il 25 novembre è stata istituita la giornata contro la violenza sulle donne. Secondo il Ministero della Salute l’omicidio è la più grave di una serie di violenze che molte donne subiscono durante la loro esistenza. Secondo l’Istat, in Italia una donna su tre ha subìto qualche forma di violenza nel corso della sua vita, specialmente in famiglia, dalle forme più gravi come il tentativo di strangolamento o lo stupro, a quelle meno gravi, come strattonamento o molestie verbali. Queste ultime, infatti, seppur considerate meno gravi, sono largamente diffuse e spesso non riconosciute come vere molestie. La violenza di genere è in fatti un fenomeno che assume molteplici forme, tutte con un comune denominatore: la mortificazione della donna, che sia in maniera fisica, verbale o psicologica.

Un esempio è rappresentato dal fenomeno del catcalling. Ampiamente diffuso, questo viene definito come “molestia di strada” e consiste nell’avvicinamento della donna, commenti indesiderati, gesti, fischi per richiamare la sua attenzione, avances sessuali persistenti da parte di estranei. C’è infatti ancora una larga parta di popolazione che non comprende il problema dietro questo fenomeno, considerando addirittura questa tipologia di comportamenti come un complimento nei confronti della donna. Ciò che in realtà comporta è vergogna e paura nella donna che li subisce, depressione e bassa autostima, fino ad arrivare al cambiamento del proprio modo di vestire o la scelta di non percorrere determinate strade, di non socializzare o rincasare a un certo orario. Nonostante tutto questo, si evince la tendenza a sminuire il problema, o addirittura a colpevolizzare la vittima.

Un altro fenomeno purtroppo ampiamente diffuso è quello dell’hate speech sui social network. Stando ai dati emersi dal secondo Barometro dell’odio, un’analisi condotta da Amnesty riguardante l’hate speech online, buona parte dei commenti di odio in rete ha una forte componente sessista. Nelle discussioni online monitorate è stato, infatti, notato che quasi uno su due commenti e/o risposte degli utenti ai post o tweet sul tema dei diritti delle donne, è offensivo o discriminatorio, con molti degli attacchi di natura sessista.

Come abbiamo potuto dunque notare, le molestie nei confronti delle donne sono molto più radicate nel quotidiano di quanto si pensi. Non è infatti giusto considerare fenomeni estremi di femminicidio come casi isolati e rari, in quanto non solo le statistiche provano una diffusione maggiore del fenomeno di quanto non se ne parli, ma soprattutto la violenza sulle donne si presenta in molteplici forme, spesso non riconosciute nemmeno dalle donne stesse. È inoltre proprio la tolleranza per queste forme più subdole e invisibili a gettare le basi per forme di violenza più gravi ed estreme.

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